Guerra commerciale: Trump ci ha fatto sentire il boato dei suoi cannoni!

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Non in tutte le battaglie si sparano pallottole ma da tutte si torna con dei feriti. 

2 marzo 2018, il mondo lo temeva, anzi, lo aspettava da tanto tempo un tweet di Trump che mettesse in discussione il commercio mondiale.
Come lo ha fatto? Annunciando dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio.
Perché? Per tappare la fuoriuscita di fiumi di dollari data dal continuo acquisto dall’estero. Vuole fare spendere i dollari statunitensi nell’economia statunitense. Bello vero?

 Ma la storia insegna

Infatti l’uso di misure per difendere l’economia nazionale è ciclicamente avvenuto nella storia:

  • tra il XVII e il XVIII secolo in Europa col Mercantilismo,
  • Nel XIX secolo dopo le guerre napoleoniche,
  • Nel 1878 da Germania e Italia,
  • Prima della prima guerra mondiale,
  • E il terribile 1929.

Quindi… niente di nuovo. Allora guardiamo cosa ci insegna la storia.

  1. Le misure protezionistiche nascono per cercare di difendere i pezzi deboli delle economie,
  2. Chi subisce, REAGISCE.

E così iniziano le guerre commerciali.
Inoltre le produzioni tutelate saranno di bassa qualità o antieconomiche, poiché si proteggono pezzi inefficienti di economia, e magari andranno a prendere il posto delle produzioni efficienti, concorrenziali e imbattibili.
Si pensi alla battaglia del grano, quando vennero sostituiti interi oliveti per far posto a campi di grano. L’Italia avrebbe potuto esportare olio a prezzi da capogiro, senza concorrenti, ma preferì coltivare grano anziché importarlo a prezzi irrisori.
Questo è il chiaro limite della ricerca dell’autarchia, dell’essere indipendenti ad ogni costo.

Le armi nelle guerre commerciali?

Sono gli stati ad attuare una serie di strumenti:

  • Dazi su prodotti e materie per aumentarne i prezzi e favorire le produzioni nazionali,
  • Norme che mettono vincoli, anche pretestuosi, come ad esempio norme sanitarie su alimenti, per renderne più complessa l’importazione,
  • Agevolazioni fiscali o creditizie ai produttori nazionali,
  • Dumping, cioè una vendita sottocosto di determinati beni per rendere antieconomica l’attività di concorrenti stranieri,
  • Manipolando i cambi.

Purtroppo in queste guerre le stesse armi le utilizza sia chi attacca sia chi si difende, con una sola certezza: la distorsione del mercato, che vuole dire inefficienza.
Il protezionismo è resuscitato con Trump? Assolutamente no, infatti esistono correnti di economisti che lo difendono e accettano le distorsioni di mercato, le considerano effetti collaterali tollerabili. Si parla così di neoprotezionismo o neocolbertismo.
Dove portano le guerre commerciali? In fondo lo sappiamo, almeno una volta l’abbiamo vissuta da aggressori o aggrediti. Quando? Vi ricordate quando da bambini il proprietario del pallone andava via perché stava perdendo? Si perdeva tutti.

L’idea di Trump

Secondo Trump le guerre commerciali sono facili da vincere quando un paese perde molti miliardi di dollari con quasi tutti i paesi con cui fa affari, specialmente quando alcuni fanno i furbi.
Se si pensa alla Cina, che ha fatto dumping per anni, qualche argomento il presidente ce l’ha.
O all’Europa, che per far vedere i denti minaccia dazi alle Harley Davidson o ai jeans della Levi’s, diventando credibile come uno sciopero per poca mozzarella sulla pizza.

Il rombo del cannone l’abbiamo sentito come quello del castello di Edimburgo, quello è caricato a salve.

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